
Guardando le mamme, mi sono fatto una mia idea. Le osservo tutti i giorni, perché mi passano davanti di continuo. Alcune sono già mamme, altre lo diventeranno. Ne vedo di tante misure, ne vedo anche tante che magari sono state già mamme e torneranno ad esserlo; sicuramente ce ne saranno anche tante che poi madri non lo diventeranno, ma non lo sanno ancora.
Vedo soprattutto i visi. Le donne che passano qui, guardano solo avanti. Non si fermano ad osservare l’arredamento, le finestre, gli scaffali, le persone. Guardano avanti.
Camminano spedite, anche quando hanno il pancione a limite. Si guardano tra loro e guardano speranzose i loro accompagnatori; o si guardano la pancia, o il seno. Guardano il loro neonato e cercano la loro strada.
Queste donne che passano di qui non sono eleganti, nè agghindate, non le vedo quasi mai col tacco o coi capelli in ordine. Sono indaffarate a guardare avanti. A volte sono morbide. A volte, molto morbide. Certe mi sembrano gommose come una caramella, una gelatina. Viene voglia quasi di affondare le mani nelle loro forme, nelle loro braccia e sulle loro cosce. Hanno un aspetto misterioso e rassicurante allo stesso tempo.
Queste donne stanno facendo i conti con la vita. A volte si appoggiano a me, perché io sono sempre qui, un punto fermo. Vorrei parlare, raccontare e chiedere, ma poi alla fine taccio. Svolgo il mio ruolo e ogni giorno offro me stesso, ciò per cui mi hanno messo qui. Sogno di poterne seguire una, per una volta, di queste donne.
La vorrei vedere, dopo che si allontana da me, dove andrà, cosa farà, come continuerà a guardarsi intorno, come continuerà a fare i conti con la strada che ha intrapreso. Ma non posso.
Posso solo limitarmi ad accompagnarle finché non scompaiono, dietro una porta, e allora diventano per me inaccessibili. Rimango fermo al mio posto, e medito e cerco di fissarmi in mente i loro visi, le loro espressioni di speranza mista a timore, a preoccupazione, a gioia e spesso anche a sconforto.
Vedo anche molto spesso persone che piangono e hanno bisogno di me. Una volta ho anche preso un pugno, poi mi è pure toccato sostenere quella persona arrabbiata e delusa. Ma fa parte anche questo del mio lavoro.
Sicuramente ci sono posti migliori in cui stare, a me è capitato questo: forse tanti miei colleghi vedono scene più ricche, più divertenti e spassose, più raffinate, magari hanno il privilegio di poter stare anche all’aria aperta e godersi sole, aria, mare, vento mentre io sono sempre in questo diffuso grigiore, artificioso.
Ma il privilegio che è concesso a me, è concesso a pochi. Io vedo le donne poco prima e poco dopo della loro più grande metamorfosi, del loro personale incontro con l’energia della vita che va avanti. Io vedo ogni giorno donne che guardano avanti, e fanno strada alla vita. Andrà male, andrà bene, sarà dura, sarà difficile da digerire o sarà come programmato: loro guardano avanti, non le distrae nulla.
Hanno addosso, sulla pelle, il velo magico di chi sta regalando all’universo la vita, attraverso loro stesse e le loro viscere.
Assisto ogni giorno al miracolo della donna che si sdoppia e non torna più intera.
Vedo Donne, tutti i giorni, che diventano Madri, lasciate un po’ sole, dirette verso l’ignoto, sicure della loro anima che si trasforma, e per sempre.
Vorrei vederle meno sole, e aiutarle.
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