
#bastatacere è un’iniziativa di madri per le madri e per tutti quelli che sono pronti ad ascoltare la nostra voce. Non sosteniamo nessuna professione in particolare ma ci auspichiamo per noi e per le nostre figlie un’arte ostetrica appropriata garantita dal Nostro Sistema Sanitario Nazionale, augurandoci che tutti i fornitori di assistenza alla nascita possano metterla in pratica con amore, dedizione e competenza
dal gruppo facebook: bastatacere le madri hanno voce
#bastatacere è stato un progetto bellissimo, a cui non ho partecipato attivamente in quanto non ho avuto maltrattamenti ostetrici e ho vissuto i miei due parti in maniera molto poco traumatica.
Ma ho seguito i vari messaggi di denuncia e sfogo di tante donne che hanno ricevuto trattamenti poco professionali e spesso anche insulti gratuiti e fuori luogo.
Cos’è che davvero andrebbe cambiato? La cultura ostetrica? La prassi ospedaliera?
Sì, in parte.
L’errore di fondo, però, che ho visto io con i miei occhi è : l’“estrema fiducia” che abbiamo verso l’alto. Verso chi sa di più , verso chi può di più, verso chi lavora da più tempo. Ci si fida ciecamente, e non si riesce a immaginare che qualcuno ci veda semplicemente come oggetti che fanno numero.
E c’è, in particolare, un’eccessiva fiducia nei reparti maternità. Tante donne rifiutano l’idea di un corso preparto, interno o esterno alla struttura ospedaliera. Non vogliono sapere, credono siano perdite di tempo, perché tanto poi ci sono i medici. Tanto poi al momento di partorire che ti metti, a respirare?
Sicuramente è più invitante fare altro col pancione: andare a passeggio, fare acquisti, farsi foto, preparare il corredino e quant’altro. Col mio secondo figlio ho vissuto più pienamente la preparazione al parto, ma alla fine non ho avuto il coraggio e la forza di preparare un piano del parto, come mi era stato (giustamente) consigliato poco prima del termine.
Non sono riuscita a farlo e sapete perché? Perché mi richiedeva tempo e fatica per capire cosa scriverci, e non avevo tanta forza. Non ero nella giusta predisposizione per farlo, avevo troppe paure e mi dicevo che mi sarebbe bastato avere un parto come il primo, per essere a posto. Quindi ho scelto la stesa struttura ospedaliera della volta precedente. Affidandomi a quella professionalità che avevo testato e che mi aveva regalato un parto relativamente sereno.
La seconda componente è stata la paura: paura che qualcosa andrà storto, paura di prendere la decisione sbagliata e poi sentirsi dire da qualcuno te l’avevo detto. Perché, come capita spessissimo a tutti , non mi sentivo abbastanza capace di prendere un po’ in mano la situazione e far valere i miei diritti, non essendo minimamente abituata a farlo.
Siamo usi a fidarci ciecamente di tante figure professionali, come se non fossero umane, come se avessero una rettitudine morale intrinseca inattaccabile, che li fa valere più degli altri, li fa essere meno approssimativi o meno inclini a dire mezze verità o d aggiustare le cose secondo i propri comodi – magari anche a discapito di altri.
Ci ho riflettuto tanto sopra, e ho capito che oltre alle ragioni personali di ognuno di noi, come paura, mancanza di tempo per formarsi e tante altre possibili cause, principalmente il motivo per cui spesso non ci occupiamo dei nostri diritti è che è più comodo, non doversi informare su nulla, tanto “ci sono loro”.
Più comodo dedicare il nostro tempo e i nostri pensieri solo ad attività rassicuranti e futili.
Più facile chiedere in giro o in piazza, mentre si parla d’altro, anziché da fonti indipendenti. Ed è più comodo, affidare l’esito di eventi delicati e importanti come il parto a chi “è esperto”, in modo che la nostra paura e la nostra ignoranza abbiano questo scudo forte – che qualcun altro regga nei momenti complicati della nostra vita.
La professionalità, magari quella profumatamente pagata, è vista come intoccabile e istituzionalmente valida: così è, e chi ne dubita è solo un fanatico. Ma non si tratta di dubitare delle competenze dei professionisti; semplicemente, loro non possono sostituirsi a noi.
Devono essere una fonte di conoscenze per noi, una figura di riferimento, un punto di appoggio. Non sono loro a doversi sobbarcare tutto il peso delle nostre sensazioni, delle nostre credenze e delle nostre priorità.
Non possiamo essere tuttologi, e questo lo so. Non posso diventare esperta di : farmaci, medicina, medicina alternativa, alimentazione, ginecologia, ostetricia, amministrazione pubblica, diritto pubblico e privato, tossicologia, e primo soccorso. Devo affidarmi a qualcuno esperto, devo trovare un professionista di cui fidarmi e a cui afferire quando mi si presenta un problema.
Ma non posso neanche lavarmi le mani di tutto il sapere che gira intorno alla mia salute, e in generale, alla mia vita di donna e cittadina; sperando che altri , al posto mio, si prendano la briga di stare attenti al mio benessere e alla tutela dei miei interessi.
Tuttologi no, ma un po’ più inseriti nella marmellata della conoscenza sì, per capire cos’è che ci succede, e per avere un quadro trasparente del concatenarsi degli eventi.
Si rifugge troppo spesso, il ruolo pesante di dover capire, apprendere e ragionare.
Nel corso degli anni sta diventando più semplice restare occupati in attività frivole che accorgersi di ciò che ci succede intorno. E, ovviamente, non solo negli ospedali.
Ricordiamoci però che la vita è nostra, e se non ci pensiamo noi a tutelare i nostri diritti, sono pochissime le persone disposte a farlo al posto nostro.