
Col mio primo figlio, l’immagine mentale che avevo dell’allattamento era questa: la donna partorisce, produce latte, il bimbo beve, poi dopo un po’ si aggiunge il latte in polvere perché quello materno non basta, poi si passa piano piano ai primi cibi diversi, pappine, brodini, e poi in una data non precisa si passa al cibo spezzettato dei grandi. Non avendo parenti coi bimbi piccoli, e non frequentando nessuna persona con bimbi piccoli o che lavora in ambienti dedicati all’infanzia, non potevo avere altre fonti, se non quella della pubblicità.
Quando ho frequentato il primo corso pre-parto, ci hanno dato indicazioni varie su come fare se il bimbo ha difficoltà ad attaccarsi al capezzolo, e pochi, pochissimi altri indizi.Su depliant vari e libri per la gravidanza avevo letto l’importanza del colostro e poco più. La pediatra mi introdusse all’idea che il bimbo si allatta spesso, a richiesta, fino all’anno di età o anche più. Ma non riuscivo a stare dietro a queste indicazioni, perché la mia bimba non cresceva. Tutto questo durante l’anno 2008.
Quando acquistavo il latte in polvere per mia figlia, mi stupivo molto di quanto fosse insistente la scritta: “IL LATTE MATERNO è LA SCELTA MIGLIORE PER IL BAMBINO. In caso di necessità, usate questo latte e preparatelo così colà…ecc…”con tutte le istruzioni per la preparazione. E mi chiedevo: ma se uno compra il latte in polvere, significa che il latte materno non c’è o non è sufficiente, quindi perché scriverlo?
Vedevo l’uso del latte in polvere come una scelta necessaria, attraverso cui dovevamo passare tutte, chi prima, chi dopo! Non capivo il senso di quella scritta.
Altro dubbio amletico mi venne ascoltando una famosa pubblicità in cui si parlava di latte per bambini “per i primi mille giorni” di vita. Feci il mio rapido calcolo e mi chiesi: ma come, mille giorni?? Ma al bambino il latte serve durante il primo anno di età, poi passa ai cibi da adulto, perché mille giorni?
E così, pensandoci su ma neanche troppo, sono passati diversi anni e ho avuto la mia seconda gravidanza. Verso il 6 mese sono rimasta a casa dal lavoro e ho (ovviamente) iniziato a spulciare qui e là vari siti per mamme. Per mio puro svago e diletto decisi di leggermi qualcosa sul parto naturale, perché, con la speranza di avere anche una seconda gravidanza fisiologica, volevo accertarmi di sapere quali fossero gli esami davvero utili e le visite necessarie, e cercare di capire come poter avere gravidanza e parto ancora più “sereni” del primo, col numero minimo di visite, interventi medici e anche con meno ansie.
Per fortuna, mi imbattei in una rete di mamme che si occupavano appunto di diffondere alcune idee e modi di fare, riguardo gravidanza, parto e allattamento, proprio in questa direzione: naturalità, istinto, fiducia, conoscenza.
Lessi che, in genere, tutte le mamme possono allattare se ben supportate. Che informandosi per tempo, la maggior parte dei problemi di allattamento sono risolvibili.
Chiesi un parere, raccontando in breve la mia prima esperienza, e mi spiegarono che probabilmente non avevo allattato oltre i due mesi della mia bimba perché avevo interferito con ciuccio e biberon, e la mia produzione si era avviata in modo scarso, risultando quindi insufficiente per la crescita di mia figlia, nonostante io avessi insistito molto.
Questa spiegazione mi colpì moltissimo: cosa vuol dire interferire? Il biberon non ha permesso l’avviamento del mio allattamento?? Ma che vuol dire?E così mi iscrissi a un gruppo di sostegno sul quale conobbi finalmente la realtà dei fatti: verso il mio ottavo mese di gravidanza ebbi la rivelazione:
non ho allattato perché ero ignorante, non conoscevo la materia e nessuno mai si sarebbe preoccupato di farmela conoscere.
Conobbi sulla rete una certa Cristina, che scriveva pezzi lunghissimi, che ogni volta somigliavano sempre di più a uno sfogo o un’arringa, in cui lei, con tantissima passione e anche con una grande capacità di scrittura, scriveva (e istruiva noi mamme e future mamme) sulla naturalità dell’allattamento, sulla facilità ad allattare quando non si hanno di fronte tante pubblicità di latti, ciucci, biberon, e varie spinte a smettere. Scriveva su quanto sia complicato ma naturale, e dico naturale, quindi fisiologico, allattare i primi 30 giorni, con la stanchezza addosso, coi parenti che ti fissano, con l’idea che il bimbo dovrebbe dormire a lungo e poppare con regolarità, con la fretta di metterlo giù a dormire per non viziarlo ecc ecc.
Questa Cristina con me ha fatto proprio centro: mi ha proprio rivelato qualcosa, una grande verità, che si può trasmettere solo tra madri, tra donne che hanno partorito, sofferto, allattato con difficoltà, sperato di farcela. Non era più un discorso solo di conoscenza, non era più materiale medico o ostetrico, era l’intimo femminile, era spiegarti che sei una donna, e il dare latte ai tuoi cuccioli fa parte di te; non è una prescrizione medica o dell’OMS o per non far ammalare il bambino, o per risparmiare. O per sentirti parte di una setta di naturaliste-nostalgiche del decennio post 2000.
Siamo fatte per quello, siamo animali, bestie, i nostri piccoli hanno bisogno noi, per natura e per istinto, e ci cercano, ci vogliono, vogliono starci addosso, i primi 40 giorni dovrebbero essere di totale estraniamento della coppia madre-figlio rispetto al mondo esterno. La madre deve nutrire il piccolo, attaccata a lui, comoda, allungata, sostenuta da altre persone, che le preparino i pasti e la aiutino nelle faccende. Il bimbo deve avere mamma e seno a disposizione, e in questo modo sarà davvero un caso raro se avrà pianti inspiegabili o crescita scarsa. La natura ha previsto così. Il bimbo urla perché noi già dai primi giorni cerchiamo di staccarlo, separarlo, sovranutrirlo, per farlo “saziare”.
Ma il bimbo non ha bisogno di sazietà: il bimbo ha bisogno della madre. Non di prodotti pensati e formulati per lui, nè di gomme e di plastiche da ciucciare. Ci vuole, semplicemente, la mamma a disposizione. In caso di patologie ci vuole l’intervento del medico, e se ci sono problemi di salute del piccolo o della madre, si interverrà coi supporti che abbiamo grazie alla nostra evoluzione in campo medico e alimentare.
Ma non se tutto va bene. Non se tutto fila liscio. Se la natura sta facendo il suo corso, nessuno dovrebbe permettersi di interferire.
Allora ho anche appurato che la dicitura obbligatoria per legge c’è, sulle confezioni di latte formulato, perché per legge sarebbe proibito fare pubblicità al latte in formula. (Cosa che viene fatta anche alle dimissioni da alcuni, anzi molti, reparti maternità).
Proprio perché per una neomamma è molto semplice vedere il latte artificiale come una soluzione per la tranquillità sua e del suo bimbo, anziché un sostituto sintetico del nutrimento di un neonato, da usare solo in casi di effettiva necessità.
A partire da quei giorni, dall’estate del 2013, ho avuto questo cambio di visione e ho smesso anche di stupirmi della disinformazione che circola, sempre più mascherata da modernismo e desiderio delle neomamme di apparire al più presto come se non avessero avuto figli. Perché il senso che si è perso, secondo me, è proprio questo: quello di avere la vita cambiata dall’arrivo di un piccolo, in modo faticoso ma necessario. La vita non è più la stessa perché c’è un’altra vita. Non è solo una persona in più da sfamare, fotografare e vestire.
Si finisce col comprare ciuccio, latte e quant’altro per stare tranquilli, per dormire, per un senso di maggiore sicurezza e anche per paura dell’ignoto. Perché ci hanno reso così. Il gatto non ha paura di allattare i propri cuccioli e neanche nessun altro mammifero. Solo noi abbiamo paura che non cresca, che non si sazi, e non è un discorso di pericolo di vita o di morte. Abbiamo proprio perso la bussola sul senso che ha donarsi al figlio e nutrirlo. L’assistenza medica, che dovrebbe garantirci un intervento opportuno e salvifico in caso di problemi, è diventata una nostra necessità, e senza il consenso medico non riusciamo più neanche a muoverci e ad offrire il seno ai nostri neonati.
Questo è il frutto di tante cose: dell’isolamento rispetto ad altre donne, di mancanza di vita sociale vissuta in comune, di mancanza di formazione e conoscenza del proprio corpo, della propria sessualità e dei propri cicli ormonali. E, ovviamente, dall’allontanamento generale da ciò che è uno stile di vita coerente con quella che è la nostra natura.
Come al solito, quello che ho visto da quel periodo in poi, è stato solo un’arroccamento generale sulle proprie posizioni, sia delle madri allattanti che di quelle non allattanti ( per scelta o per forza): ma ci tengo a dire, che io non la vedo questa divisione, vedo solo madri che amano i figli . Io pure, con la mia prima esperienza, amavo mia figlia e avrei fatto di tutto per lei, per farla crescere bene, per darle il miglior latte possibile e per starle a fianco ogni secondo. Cresciuta benissimo, siamo legate, è tutto a posto. Non è successo nulla di anomalo a non averla allattata. Sta benissimo, si è ammalata normalmente e ripresa sempre velocemente. Non ha carenze, non è obesa. I bimbi crescono benissimo lo stesso e sono amatissimi lo stesso.
Però no, io lo ritengo inaccettabile. Non lo accetto. Per me resterà sempre una ferita del mio cuore.
Sono riusciti a farci sembrare una cosa “da esaltate” ciò che ha permesso l’andare avanti dell’umanità per secoli. Non è giusto.
Non dovremmo permetterlo, e ognuna di noi dovrebbe avere il diritto di ricevere non solo assistenza medica, ma anche assistenza all’allattamento, in maniera gratuita e capillare, perché altrimenti non saremo più esseri umani veri, e assumeremo sempre di più la sterile forma di esseri che nascono, crescono, si riproducono e muoiono col solo vano e freddo scopo di acquistare dei beni, che diano una mezza placata alle ansie che ci vengono volutamente inculcate.
Questo è il 50esimo post del mio blog, e ho scelto di dedicarlo a Cristina Nahe Mama,e a tutte le admin e partecipanti del gruppo facebook Sostegno all’allattamento naturale che mi hanno permesso di aprirmi a una nuova visione e di allattare ancora oggi a ben 27 mesi del mio bimbo.
Altri articoli sull’argomento allattamento naturale:
La mia partecipazione a un flash mob per l’allattamento
Cenni su alimentazione complementare del bambino
Incontro con Gonzales, pediatra e sostenitore dell’allattamento al seno
Bellissima riflessione!
E grazie anche per la tua visita al mio blog,
Anche io ho allattato grazie all’informazione ricevuta dalla rete di mamme e da volenterose ostetriche.
Credo che allattare sia un dono per se stesse: come mamme e come donne, al di là di tutto ciò che è ampiamente riconosciuto come positivo per il/la neonat*-bambin*.
E’ un riconoscersi competenti e funzionanti come corpo e nel proprio ruolo materno.
Per me come persona credo abbia avuto anche questo significato il riuscire ad allattare per più mesi la mia voracissima prole.
un caro saluto
Valeria
Grazie a te!
“Perché il senso che si è perso, secondo me, è proprio questo: quello di avere la vita cambiata dall’arrivo di un piccolo, in modo faticoso ma necessario. La vita non è più la stessa perché c’è un’altra vita.”
Mi piace molto questa tua riflessione sul senso di avere figli, penso che oggi siamo tutti troppo indipendenti, fisicamente separati da strati di mattoni e cemento che sono le nostre case, da strati di metallo che sono le nostre auto, e anche da strati di stereotipi che ci fanno dimenticare di essere individui interdipendenti, che non sopravviverebbero alla vita senza offrirsi tempo ed energie a vicenda.
Un abbraccio forte.
Carmen